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copertinatravoltiTRA VOLTI E TRA MONDI non vuole essere solo una banale raccolta di ritratti scattati durante i miei viaggi in paesi esotici.
Per me l’atto di scattare un ritratto rappresenta un momento importante d’incontro in cui due persone possono condividere molto del loro animo e delle loro emozioni. Attraverso le espressioni dei volti ho cercato di cogliere sentimenti e profonde suggestioni, pur mantenendo sempre il massimo rispetto per le persone.

Questi ritratti rendono comprensibile un connubio tra l’espressività legata alle fattezze del volto, la penetranza degli sguardi, il disegno delle rughe o della texture della pelle e il generarsi di una cascata d’intime passioni, che spero di essere in grado di trasmettere anche al lettore.

Le fotografie non sono distribuite secondo una sequenza casuale, ma perseguono una logica figurativa – espressiva.

Nella prima sezione ho inteso valorizzare il volto nascosto, dove lo sguardo da solo parla direttamente al cuore, dove l’elaborazione mentale di chi guarda libera la sua fantasia intima nello svelare mentalmente il resto del viso per procedere gradualmente al volto rivelato, dove i tratti, nella loro esposizione completa, si narrano senza disagio e si raccontano liberamente, senza inibizioni o sotterfugi.
Procedendo oltre, ho cercato di enunciare l’atto del guardare: il fotografo diviene oggetto di curiosità e di domande, sostanzialmente un gioco d’inversione di ruoli, il fotografato scruta chi lo ritrae ed è lui stesso a porsi degli interrogativi, a interiorizzare l’atto fotografico. Tuttavia i volti raccontano anche molto altro. Percorrendo la scala dell’espressività si passa da un sorriso abbozzato, rappresentazione canonica di chi sentendosi ritratto si mette in posa, fino alla risata squillante e liberatoria, senza inibizioni che rompe la rigidità forzata dell’atto e sprigiona tutta la spontaneità propria del soggetto.

In altre situazioni i ritratti si giocano anche in coppia: ne escono contrappunti, complicità e contrasti, che rendono le persone complementari l’una all’altra ed emotivamente esprimono un’unità affettiva di coinvolgente armonia.
Il volto può esprimersi anche come “smorfia”, l’aspetto psicologico di questa manifestazione suscita immediate emozioni, che possono transitare dalla preoccupazione all’ilarità. L’atteggiamento della smorfia racchiude in sé tantissimi processi emozionali e un osservatore attento può cogliere innumerevoli sfumature introspettive, che possono rivelare molteplici informazioni riguardo l’atteggiamento psichico del personaggio ritratto.

Racchiudere il volto all’interno di una “maschera” assumere significati concettuali legati a quella che potremmo definire una trasmigrazione della personalità: da quello che si è a quello che si vorrebbe essere, o non essere. La maschera, comunque, sottintende la volontà di apparire diversi dal proprio io reale, pertanto potrebbe rivelarsi come un semplice espediente per introdursi in un’altra personalità e spogliarsi della propria, la quale a sua volta può essere fonte di un disagio interiore. Ritrarre delle maschere, quindi, assume il significato di identificare le persone che in fondo vogliono sfuggire se stesse o alla propria condizione e trovare rifugio all’interno di una realtà virtuale dove vivere al sicuro e nascondere la propria condizione mettendosi al riparo da giudizi indiscreti.

In antitesi con la modalità iniziale di affrontare il ritratto, ecco che anche l’atto di chiudere gli occhi introduce il soggetto all’interno di una maschera, tuttavia l’espressione complessiva del volto ci narra moltissimo del suo stato d’animo e della sua intimità più profonda: non sempre l’occhio è lo specchio dell’anima! Qui la persona non vuole fuggire da una propria realtà, ma trovare appagamento in un suo intimo sentire.

In questo viaggio nel ritratto meditato, ho cercato di analizzare più aspetti di questa branca della fotografia, in chiave analitica, proponendo questi volti non a un’osservazione superficiale e immediata, bensì obbligando il lettore a sforzarsi in una lettura quasi psi- coanalitica e comunque profondamente intimista, senza lasciare spazio alla corrività di un’osservazione sommaria.

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