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La fotografia di reportage spesso ci propone immagini il cui contenuto va oltre la semplice rappresentazione indicale del soggetto o della situazione fotografata.

Il più delle volte il fotografo vuole utilizzare il soggetto per renderci partecipi di una sua visione del mondo che sta riprendendo. In questo modo i soggetti divengono dei simboli, se non addirittura dei totem, di una partecipazione emozionale, ricca di significati secondari ed elaborati, nella quale il fotografo ci vuole coinvolgere.

La fotografia concettuale, dove per concettuale s’intende come definizione quella più ampia di arte concettuale:

“Corrente squisitamente mentale, di ricerca intellettuale, speculativa il cui fine è soprattutto disgiungere a una realizzazione poetica più che quello di incarnarsi in un preciso embrione formale, tangibile e decisamente fruibile percettivamente. Sicchè anche alcune forme in cui l’elemento percettivo è particolarmente evidente, danno più peso alla ricerca dei meccanismi messi in moto dall’impatto percettivo che alla realizzazione fattuale degli stessi.” (Gillo Dorfles)1.

Per semplificare mi rifarei al concetto di “concettuale” in ambito linguistico dove il significato corrisponde all’elemento concettuale del segno linguistico, contrapposto al significante, che costituisce invece la parte materiale del segno: la parola tempo, ad esempio, è formata da un significante – i suoni che la compongono o le lettere dell’alfabeto con cui viene scritta – e da un significato – il concetto di tempo che abbiamo in mente.
Così amplierei l’idea di concettuale ad uno stato mentale caratterizzato, in modo semplicistico, dalla traslazione da SIGNIFICATO a SIGNIFICANTE.
La fotografia di reportage viene quindi a proporre nell’immediatezza del soggetto ritratto il significante al quale però, nel percorso mentale del fotografo, segue un significato che sfrutta il significante quale tramite di lettura.

Dunque l’immagine deve essere contestualizzata, soprattutto nel reportage, assecondando il pensiero di Susan Sontag:

“Poiché la fotografia è solo un frammento, il suo peso morale ed emotivo, dipende da dove l’immagine viene inserita”2.

Il processo di contestualizzazione è pertanto un elemento concettuale puro, che trasforma l’elemento iconico in qualcosa di diverso, in un discorso fatto di parole, che coagula su di sé la razionalizzazione, la rivelazione di una metafora: l’immagine, appunto.

Ecco come la fotografia di reportage può quindi esprimersi anche fuori dalle regole di rigidi canoni estetici, ammettendo il mosso, lo sfuocato, le anglolature oblique, la rottura dei “due terzi” e quant’altro. Tuttavia questa apparente libertà porta con sé il vincolo di trasmettere dei contenuti, di stimolare nell’osservatore dei sentimenti, delle emozioni, di accompagnarlo lungo un sentiero ora stretto, dell’ideologia, ora ampio e confortevole di una visione più ricca ed equilibrata del messaggio sociale che il fotografo vuole comunicarci.

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Gillo Dorfles
    “Ultime tendenze nell’arte d’oggi”
    Editore Universale Economica Feltrinelli – 2004
  2. Susan Sontag
    “Sulla fotografia”
    Editore Piccola Biblioteca Einaudi – 2004

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