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imagesImportanza della fotografia (e della sua lettura) nella nostra epoca.

Gli studiosi hanno individuato tre grandi epoche nella storia della comunicazione.

Una prima epoca dell’immagine. Migliaia di anni fa, si facevano ‘segni’ sui muri delle caverne. Quali segni?

Quattro zampe più teste e coda per dire ’animale’, tre linee ondulate per dire ‘mare’, un cerchio per dire ‘sole’.

Cioè un utilizzo di segni finalizzato a esprimere il ‘concetto’ di animale, mare, sole. Tra l’altro le parole si perdevano nell’aria mentre questi segni-immagine rimanevano.

Il problema dell’uomo di quei tempi è stato, allora, il far diventare ‘immagine’ la parola, trovare il modo di renderla permanente, di fissarla; in pratica, di inventare la scrittura.

E con l’invenzione della scrittura termina la prima epoca della comunicazione e incomincia la seconda: l’epoca della parola. Gli uomini capiscono subito la straordinaria duttilità e completezza del linguaggio concettuale delle parole; infatti, attraverso la sua struttura e le sue modalità espressive, questo linguaggio si presta a definire codici, nozioni di diritto, di scienze, di storia, di filosofie; si presta ad arricchire il mondo delle emozioni.

Con l’invenzione di fotografia, cinema, televisione, informatica, incomincia la terza epoca della comunicazione (la nostra) che è ancora un’epoca dell’immagine. Ma di una immagine particolare, una immagine ‘tecnica’ in quanto prodotta da una macchina (e quindi autonomamente espressiva, anche se la macchina va ovviamente indirizzata e predisposta; a differenza dell’immagine pittorica, detta ‘normale’, in quanto realizzata totalmente dall’uomo).

In definitiva una immagine profondamente diversa dalle immagini del passato.

L’immagine tecnica riproduce i contorni visibili delle cose, mentre l’immagine della prima epoca riproduceva i contorni di una immagine ‘mentale’ che era patrimonio del suo autore.

Ricordate? Tre linee curve per dire ‘mare’, quattro zampe più testa e coda per dire ‘animale’, ora invece una panoramica del mar Ligure o il cane del mio vicino di casa.

L’immagine della nostra epoca si presenta allora molto più informativa di quelle della precedente epoca dell’immagine, ma proprio qui nasce un problema fondamentale.

L’immagine tecnica fotografia è informativa fino a un certo punto.

Tra la realtà che stiamo per fotografare e noi che poi osserveremo la fotografia di quella realtà, ci sta proprio l’immagine fotografica che di fatto deforma (nel senso di ‘formare di nuovo’, da una forma a un’altra forma) la conoscenza della realtà che intende far conoscere. Queste deformazioni dipendono dalla natura tecnica del mezzo fotografico (punto di ripresa, angolo di ripresa, isolamento e dimensione del soggetto, contesto, prospettiva, tempi e diaframma, colore o bianco e nero, ecc.), ma questi limiti informativi – ecco il passaggio ‘chiave’ – aumentano e arricchiscono in modo straordinario le sue capacità espressive.

In altre parole, i fattori tecnici utilizzati e scelti dal fotografo, sono potenti strumenti di espressione nelle mani di chi comunica attraverso fotografie. E qui incominciano i nostri guai

  1.  Noi crediamo di ricevere informazioni e invece riceviamo idee.
    Quali idee? Quelle di coloro che utilizzano immagini. Specialmente i media, che utilizzano foto (da sole o combinate con parole) con la primaria intenzione di ‘formarci’ alle idee dei direttori di rete o di testata , e non certo di ‘informarci’.
    Il peggio è che spesso, non accorgendoci di ricevere idee invece di informazioni (il grande problema delle comunicazioni inavvertite), le scambiamo per autentiche informazioni.
    Scambiamo cioè il ‘ciò che appare con il ciò che ‘è’, il ‘ciò che vediamo con il ciò che è ‘vero’.
  2. L’uso spregiudicato (a dir poco) delle possibilità offerte dal computer 
    Non quelle- sia ben chiaro – di inventare immagini con fantasia e buon gusto in una nuova direzione artistica, ma quella di cambiare (forse meglio dire falsare) ‘l’informazione materiale’ della fotografia senza darne conto al lettore, in una specie di gara di furbizia con il lettore sprovveduto.
  3.  Il colpo di grazia. Pensate che oggi (diversamente da quando io ho incominciato a occuparmi di queste cose) oltre l’80% delle nozioni che formano il nostro patrimonio di conoscenze, ci arriva da immagini fotografiche.
    E chi, a livello istituzionale, ci ha insegnato a leggere immagini? Nessuno.
    Non la scuola dell’obbligo, non le università.
    Il maestro elementare ci ha pur insegnato a leggere e a scrivere; qualcuno magari ci insegna a fare foto, ma pochissimi sono coloro che insegnano a leggerle (e spesso libri o scritti che trattano questi argomenti sembrano esibizioni culturali un po’ contorte dei loro autori).
    Allora tocca a noi. Noi Circoli Fotografici o Culturali, noi FIAF.
    Abbiamo bisogno di un Abbecedario che ci insegni a leggere fotografie. Abbiamo bisogno di una didattica. semplice e chiara Non per diventare e sentirci più bravi, non per vincere (come fotografi) premi e medaglie.

Semplicemente per essere persone più informate capire meglio il mondo che ci circonda. Potrei fare un paio di esempi molto semplici di come sia facilissimo prendere grossi abbagli nella lettura di fotografie, ma non ne abbiamo il tempo.

La fotografia – finalmente ora sembrano tutti convinti – è uno straordinario linguaggio.

Il linguaggio è un ‘insieme di segni atto a comunicare’, e comunicare vuol dire ‘fare comune’. Benissimo.

Riepilogo allora le principali operazioni conoscitive di questo linguaggio. Sono tre:

Lettura, interpretazione, valutazione

Lettura, per capire ciò che il fotografo mi vuole comunicare; interpretazione, per aggiungere qualcosa di mio alla lettura; valutazione, se intendo esprimere un giudizio di valore oltre l’ormai insopportabile ‘mi piace o non mi piace’ che per troppi anni è stato l’unico metro di giudizio delle immagini fotografiche.

Ma delle tre operazioni, la ‘lettura’ è quella straordinariamente più importante, perché non si può evidentemente interpretare o valutare ciò che non si è capito.

In questa seconda ‘epoca dell’immagine’, la fotografia occupa un posto importantissimo.

Dobbiamo tutti lavorare di più per imparare a ‘leggerla’ bene.

Mi rendo conto che questa è stata la presentazione di un problema, non la sua soluzione. Però possiamo incominciare a

pensarci… Voi, che siete giovani, ne avete il tempo.

  • Sergio Magni, docenteFIAF-CircoloFotograficoMilanese

Dal convegno “Rapporti tra estetica e fotografia” tenutosi a Milano il 9 maggio 2015

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